Negli appalti pubblici il lavoratore non ha diritto alla inamovibilità. Questo principio è ribadito in una decisione del Giudice del Lavoro del Tribunale di Nola, al quale si è rivolta, con procedura d’urgenza, una lavoratrice destinata ad altra sede, dalla società sua datrice di lavoro difesa in giudizio da Di Stasio Studio legale, con l’avv. Maria Giovanna Icolaro.

Il caso

La lavoratrice dipendente di una  società che opera nel settore della raccolta dei rifiuti, lavorava con la qualifica di impiegata amministrativa presso una sede periferica con inquadramento 3B della contrattazione collettiva di categoria. A causa di riduzione del personale, la lavoratrice è stata licenziata ma ha deciso di impugnare il licenziamento per ottenere la condanna della società. Con lo stesso ricorso ha domandato anche la reintegrazione nel posto di lavoro, ottenendola.

Dopo sei mesi di ritorno al lavoro, la lavoratrice  è stata trasferita e ha conservato lo stesso orario e la stessa retribuzione, ma era destinata a una diversa sede operativa e amministrativa.

La società, infatti, aveva bisogno in quella sede, di personale amministrativo con un profilo professionale come il suo per carenza di addetti.

La lavoratrice ha fatto ricorso contro il provvedimento di trasferimento e chiesto che venisse accertata e dichiarata l’illegittimità del trasferimento per carenza di esigenze tecnico-organizzative (Articolo 2103 del Codice Civile).

Il lavoratore non ha un diritto all’inamovibilità

L’articolo citato consente all’imprenditore di modificare la sede di lavoro del dipendente. Il trasferimento da un’unità produttiva all’altra è giustificato da«comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive». Così si esprime la legge. Di queste esigenze deve dare prova il  datore di lavoro.

Per comprovare la legittimità del provvedimento adottato, il datore di lavoro deve dimostrare le ragioni che giustificano il trasferimento del lavoratore. Queste ragioni sono rilevanti sia con riferimento all’unità produttiva di provenienza, sia a quella di destinazione.

La decisione sul trasferimento

Il Giudice del Lavoro davanti al quale si è svolto il procedimento ha accolto  la tesi difensiva proposta da Di Stasio Studio Legale in favore della società datrice di lavoro.

Sono state dimostrate le ragioni tecnico-organizzative imposte dalla legge per il legittimo trasferimento da una sede di lavoro a un’altra.

Nella decisione del giudice si è affermato e confermato un principio già noto, che il lavoratore non ha un diritto all’inamovibilità secondo la norma del Contratto collettivo impugnata (art. 6 CCNL Igiene urbana).

Il principio è quello per cui il lavoratore, addetto a un cantiere, che sia passato alle dipendenze della impresa subentrante in caso di “cambio di appalto”, non ha un diritto alla inamovibilità perché questo non è previsto né dalla legge ordinaria né dalla contrattazione collettiva.

Il dipendente è soggetto infatti all’ordinario potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro, e quindi gli può anche essere ordinato un trasferimento.

Il Tribunale ha giudicato infondata la richiesta dalla lavoratrice ricorrente.

Secondo il giudice, il lavoratore che per effetto del cosiddetto cambio di appalto passi alle dipendenze della impresa subentrante non ha un diritto all’inamovibilità dal cantiere cui era addetto.