La Suprema Corte, con una recente sentenza (Cassazione, Sezione VI Penale, n. 5536 del 16 febbraio 2022 – ud. 28 ottobre 2021), è tornata a occuparsi dei confini applicativi della fattispecie di reato cui all’art. 353-bis c.p. (“turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”).
In particolare, la Corte ha affrontato una questione specifica, oggetto negli ultimi anni di pronunce discordi: se il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente sia configurabile in presenza di un affidamento diretto illegittimamente disposto per effetto della condotta perturbatrice volta ad impedire la gara.
La fattispecie di reato
L’art. 353-bis c.p. è stato introdotto dal legislatore con l’art. 10 della legge 13 agosto 2010, n. 136 (“Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia”) al fine di colpire le condotte criminose volte a turbare le fasi preliminari di una gara.
Invero, la norma punisce – con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da € 103 a € 1.032 – “chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione”.
Il delitto in parola è un reato istantaneo che si consuma nel momento e nel luogo in cui si turba il procedimento amministrativo di scelta del contraente.
La questione controversa
Al fine di definire la condotta tipica del reato, occorre individuare con esattezza il tipo di procedimento amministrativo che assume rilievo, nonché interpretare correttamente il sintagma “contenuto del bando e di altro atto equipollente”.
Stando al dato letterale della norma incriminatrice, la condotta perturbatrice deve essere finalizzata a inquinare il contenuto di un atto che detta i requisiti e le modalità di partecipazione a una competizione per la scelta del contraente.
Esula, quindi, dal perimetro applicativo della disposizione, una condotta volta ad impedire la gara attraverso l’affidamento illegittimo diretto dei lavori che non si realizzi mediante un’azione di alterazione di un bando o di un atto che abbia la stessa funzione.
La soluzione giuridica
Pertanto, la Suprema Corte, in ossequio ai principi di legalità, tipicità e divieto di analogia in malam partem, ha enunciato il seguente principio di diritto:
“in caso di affidamento diretto, il delitto previsto dall’art. 353-bis c.p.:
a) è configurabile quando la trattativa privata, al di là del nomen juris, prevede, nell’ambito del procedimento amministrativo di scelta del contraente, una “gara”, sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale;
b) non è configurabile nelle ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata in cui il procedimento è svincolato da ogni schema concorsuale;
c) non è configurabile quando la decisione di procedere all’affidamento diretto è essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara”.