Trasportare denaro contante attraverso la frontiera, in entrata e in uscita, dal territorio nazionale è consentito ma a determinate condizioni.

Il trasporto di denaro contante alla frontiera impone l‘obbligo di dichiarazione

La legge (precisamente, l’art. 3 d. lgs. n. 195/2008) prevede che: «Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all’Agenzia delle dogane».

La dichiarazione va fatta su appositi modelli e può essere:

  • trasmessa telematicamente, prima del passaggio alla frontiera (secondo le istruzioni dell’Agenzia delle dogane);
  • consegnata in forma scritta al momento di attraversamento della frontiera.

La dichiarazione è necessaria anche per i trasferimenti di denaro contante, da e verso l’estero, anche se effettuati mediante plico postale o con altro mezzo equivalente. In questo caso, la dichiarazione va consegnata al fornitore del servizio postale.
La dichiarazione non è obbligatoria invece «per i trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da banche o Poste italiane S.p.A. che rechino l’indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità».

Quindi, il trasferimento di denaro all’estero con un vaglia postale nominativo non trasferibile, non va accompagnato dalla dichiarazione all’Agenzia delle dogane prevista in tutti gli altri casi.

 

L’infrazione valutaria per l’omessa dichiarazione per il  trasporto di denaro contante

Chi non dichiara il trasporto di denaro contante commette un illecito amministrativo.
Ovviamente, le Autorità preposte e, quindi, anche l’autorità giudiziaria possono disporre approfondimenti e indagini per valutare se sussistano anche ipotesi di reato per il trasporto del denaro non dichiarato.
L’obbligo della dichiarazione, infatti, mira proprio a fronteggiare il terrorismo e il riciclaggio di denaro.

La violazione dell’obbligo di rendere la dichiarazione del trasporto di denaro di importo pari o superiore alla soglia prevista dalla legge è punita dalla legge:

  • con la sanziona amministrativa e
  • con il sequestro del denaro.

L’illecito amministrativo presuppone la sussistenza:

  • dell’elemento oggettivo (la volontà di infrangere la legge)
  • dell’elemento soggettivo (il fatto stesso di non aver reso la dichiarazione).

L’infrazione valutaria contestata (cioè l’omessa dichiarazione), presuppone che nel non inoltrare la dichiarazione, il soggetto abbia avuto la coscienza e la volontà di commettere l’illecito.

Di Stasio Studio Legale, occupandosi di un caso concreto, ha dato rilevanza all’insussistenza dell’elemento soggettivo.

Chi viene accusato di non aver reso la dichiarazione, infatti, potrebbe aver agito in buona fede e ignorando l’obbligo della dichiarazione.

Nel nostro ordinamento, per dimostrare che non si sapeva di dover fare la dichiarazione occorre che l’obbligo sia davvero non conosciuto, cioé che la sua l’ignoranza sia inevitabile. Questo può succedere, ad esempio, quando chi porta con sé denaro contante attraverso la frontiera non lo fa abitualmente o per lavoro.

La dimostrazione di queste circostanze potrebbe escludere l’elemento soggettivo e potrebbe far cadere l’infrazione contestata oppure potrebbe incidere sulla determinazione della sanzione con l’applicazione della sanzione minima.

La sanzione amministrativa infatti, oscilla da un minimo ad un massimo edittale che viene applicato in considerazione della gravità del fatto.