di Valentina Amantea – Avvocato
In merito all’incidenza che possa avere il provvedimento di assegnazione della casa coniugale rispetto al giudizio di scioglimento della comunione legale, sussisteva una frattura giurisprudenziale che ha trovato risoluzione nell’attuale e recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Si chiarisce, anzitutto, come il suddetto diritto di assegnazione deve esser considerato come un particolare diritto personale di godimento più che come diritto di natura reale, poiché trova la sua ragion d’essere nel provvedimento di assegnazione che guarda specificamente all’interesse preminente dei figli e alla rispettiva continuità della vita familiare, preservando il loro habitat, quale luogo degli affetti, degli interessi, delle abitudini proprie acquisite in quell’ambito familiare, rispettandone il più possibile la stabilità, onde evitare ulteriori traumi.
La questione che divideva in due l’orientamento giurisprudenziale ineriva la valutazione economica del bene immobiliare adibito a casa coniugale ed assegnato al coniuge affidatario della prole, nell’ambito della divisione della comunione, poiché in considerazione della sussistenza del vincolo del diritto di godimento di bene, l’immobile vedrebbe ridurre il rispettivo valore di mercato.
Secondo un primo orientamento, siffatta contrazione verrebbe a generarsi solo allorquando l’immobile, in sede di divisione, dovesse venir venduto ad un terzo, in quanto quest’ultimo vedrebbe limitato il diritto acquistato dal vincolo sussistente sull’immobile, rappresentato dal godimento dello stesso da parte del coniuge assegnatario.
Mentre, nel caso in cui l’immobile dovesse esser attribuito in proprietà esclusiva al coniuge assegnatario si deve considerarne il pieno valore di mercato, poiché il coniuge proprietario non patirebbe il limite del vincolo del diritto di godimento, dal momento che questo verrebbe meno per confusione.
Tanto, in virtù della considerazione per cui ove si dovesse adoperare la decurtazione del valore dell’immobile, il coniuge non assegnatario subirebbe, nella divisione del cespite, una ingiustificata penalizzazione per vedersi una somma non rispondente all’effettiva metà del valore del bene, invece, il coniuge assegnatario in proprietà esclusiva, otterrebbe un altrettanto ingiusta locupletazione, potendo vendere successivamente il bene a terzi senza vincolo e per un prezzo integrale.
Di contro, l’opposto orientamento considerava il diritto di godimento quale condizionamento per la valutazione economica dell’immobile sempre sussistente, a prescindere dall’attribuzione dello stesso al coniuge assegnatario, all’altro coniuge o al terzo, cosicché il coniuge assegnatario si troverebbe, dal punto di vista patrimoniale, nella medesima condizione di quello non assegnatario e del terzo, fin quando il provvedimento di assegnazione non subisca una modifica o una revoca.
Siffatta valutazione, però, non prende in considerazione il profilo per cui il diritto di godimento, quale vincolo limitativo proprio del valore di mercato del bene immobile, viene meno per confusione con l’attribuzione della proprietà esclusiva al coniuge assegnatario, nonché con la modifica o la revoca del provvedimento di assegnazione, in ragione dell’interesse dei figli allorquando diventano autonomi ed economicamente autosufficienti.
Quindi, ci si troverebbe a determinare la decurtazione del valore di mercato dell’immobile anche nel caso in cui, di fatto, il vincolo giustificativo di detta riduzione non sussiste più, per i motivi sopra esposti, ponendosi – talvolta – un ingiustificato vantaggio dell’assegnatario piuttosto che dell’altro coniuge nel caso in cui il primo dovesse vedersi attribuita la proprietà esclusiva della casa coniugale.
Tuttavia, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 18641 del 2022, hanno ritenuto di dover condividere il primo indirizzo giurisprudenziale, ivi illustrato, considerando che il valore dell’immobile, oggetto di divisione, non possa risentire del vincolo del diritto di godimento, allorquando lo stesso venga attribuito al coniuge assegnatario della casa coniugale, in quanto detto diritto viene pacificamente assorbito o confuso con la proprietà al medesimo attribuita.
Pertanto, in sede di determinazione del conguaglio in favore dell’altro coniuge si dovrà far riferimento al valore venale dell’immobile, risultando del tutto irrilevante, in tale sede di divisione, la circostanza per cui all’interno dell’immobile medesimo vi continuino ad abitare i propri figli rimasti affidati al coniuge divenuto proprietario esclusivo, in quanto, siffatto aspetto rientra nella differente questione circa gli obblighi genitoriali di mantenimento della prole.
Infatti, si sottolinea come quest’ultimo aspetto rientra nella questione dell’assegnazione della casa coniugale, la cui valutazione si basa sul preminente interesse dei figli non economicamente indipendenti, che è ben diversa ed autonoma rispetto alla questione inerente la divisione dell’immobile adibito a casa coniugale conseguente lo scioglimento della comunione.
Proprio in ragione di siffatta autonomia, unitamente all’inesistenza del vincolo al diritto di godimento (nel caso in cui l’immobile dovesse esser attribuito in proprietà esclusiva al coniuge assegnatario), non si può escludere che il coniuge divenuto proprietario possa chiedere l’adeguamento del contributo al mantenimento dei figli, dato che nella determinazione dell’assegno, pur venendo meno la componente inerente l’assegnazione della casa familiare, il genitore non residente con i propri figli, resta comunque obbligato a soddisfare il loro diritto a poter usufruire di un’adeguata abitazione, ad una stabile organizzazione domestica che possa rispondere a tutte le necessità di cura ed educazione, cercando di preservare il più possibile quanto – da loro – goduto in precedenza.
Ovviamente, nell’ipotesi in cui all’esito dello scioglimento della comunione l’immobile dovesse venir attribuito in proprietà esclusiva al coniuge non assegnatario, il valore di mercato dell’immobile sarà da considerarsi decurtato, venendosi a trovare nella medesima condizione del terzo, in quanto il predetto diventerà titolare di un diritto di proprietà limitato nelle facoltà di godimento correlate alla perdurante assegnazione dell’immobile al coniuge affidatario della prole.
In conclusione, ne deriva una soluzione differenziata rispetto alla considerazione del valore da attribuire all’immobile, a seconda che questo sia assegnato in proprietà esclusiva al coniuge assegnatario della casa familiare e della prole (valore pieno di mercato), ovvero sia trasferito in proprietà esclusiva al coniuge non assegnatario o ad un terzo (valore ridotto), considerando che per tali circostanze permane il diritto di godimento in capo all’altro coniuge.