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3 Gen, 2022

SFRATTO PER MOROSITÀ. L’ORDINANZA DI RILASCIO, PROVVISORIAMENTE ESECUTIVA, CONSERVA LA PROPRIA EFFICACIA ANCHE SE IL GIUDIZIO SI ESTINGUE.

Di |2021-12-30T09:07:25+01:003 Gennaio 2022|Categorie: News|

Nel mercato delle locazioni immobiliari, sovente accade che il conduttore si renda moroso nel pagamento dei canoni di locazione e che il proprietario dell’immobile sia costretto a ricorrere alla procedura giudiziale di sfratto per morosità al fine di ottenere, oltre ad un’ingiunzione di pagamento nei confronti dell’affittuario per i canoni non pagati, anche un provvedimento avente efficacia di titolo esecutivo che gli consenta di rientrare nella disponibilità del proprio immobile (appartamento, locale commerciale, ecc.).

Quali sono i provvedimenti che, in caso di morosità del conduttore, consentono al locatore di ottenere nuovamente la disponibilità del proprio immobile?
A seguito dell’attivazione, da parte del locatore, del procedimento speciale di sfratto per morosità, vi sono due possibili provvedimenti che integrerebbero un titolo esecutivo idoneo a consentire al proprietario di ottenere nuovamente la disponibilità del proprio immobile.
A. La convalida dello sfratto.
Una prima ipotesi è quella in cui, a seguito dell’intimazione dello sfratto per morosità, il conduttore non compare all’udienza fissata dinanzi al Giudice oppure, anche comparendo, non vi si oppone.
In tale circostanza, il Giudice convalida lo sfratto così come previsto dall’art. 663 del codice di procedura civile.
Detto provvedimento chiude il procedimento e costituisce titolo esecutivo per il locatore che, quindi, potrà rivolgersi all’Ufficiale Giudiziario per ottenere la liberazione dell’immobile nel caso in cui il conduttore non lo faccia spontaneamente.
B. L’ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva.
Nel caso in cui, invece, il conduttore compare all’udienza e si oppone all’intimato sfratto, il Giudice, su istanza del locatore e se non sussistono gravi motivi in contrario, può emettere un’ordinanza di rilascio dell’immobile, con riserva delle eccezioni del convenuto, così come previsto dall’art. 665 del codice di procedura civile.
Tale ordinanza è immediatamente esecutiva e, pertanto, anch’essa consentirà al locatore di rivolgersi all’Ufficiale Giudiziario per ottenere la liberazione dell’immobile.
Invece, a differenza dell’ordinanza di convalida dello sfratto che è definitiva e chiude il procedimento, l’ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva è “provvisoria”; in quest’ultimo caso, infatti, chiuso il procedimento speciale, si aprirà un’ulteriore fase del processo a cognizione piena e l’ordinanza di rilascio sarà “assorbita” dalla sentenza che definirà il giudizio.

Ma cosa accade se, una volta emessa l’ordinanza immediatamente esecutiva di rilascio dell’immobile, il processo si estingue?
Nell’ipotesi in cui sopraggiunga una causa di interruzione e/o estinzione del processo, è importante stabilire se l’ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva conserverà la sua efficacia oppure se sarà anch’essa travolta e caducata dall’estinzione del giudizio.
La questione affrontata da DI STASIO STUDIO LEGALE, con l’avv. Vincenzo D’Amore, riguarda proprio il caso in cui era stata avviata, nell’interesse della società locatrice, l’azione di sfratto da un immobile ad uso commerciale in quanto la società conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni.
La società conduttrice era comparsa all’udienza opponendosi alla convalida dello sfratto e il Giudice aveva emesso l’ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva con riserva delle eccezioni della convenuta.
L’ordinanza di rilascio veniva eseguita dall’Ufficiale Giudiziario, su istanza dello Studio e nell’interesse della società locatrice che, così, rientrava nella piena disponibilità dell’immobile.
Nel corso del giudizio a cognizione piena, però, interveniva il fallimento della società conduttrice e, pertanto, il Giudice dichiarava interrotto il processo.
A questo punto, si poneva la questione della necessità o meno di riassumere il processo e delle sorti dell’ordinanza di rilascio di cui all’art. 665 del codice di procedura civile: cioè, se detta ordinanza perdesse efficacia in caso di estinzione del processo per la sua mancata riassunzione oppure se, viceversa, anche in caso di estinzione del processo, la detta ordinanza conservasse la propria efficacia.
L’orientamento giurisprudenziale più risalente.
Secondo un orientamento giurisprudenziale minoritario e più risalente, si riteneva che l’ordinanza di rilascio ex art. 665 del codice di procedura civile soggiaceva al regime previsto dall’art. 310 del medesimo codice che, nel disciplinare gli effetti dell’estinzione del processo, sancisce l’inefficacia di tutti gli atti compiuti ad eccezione delle sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e di quelle che regolano la competenza.
Secondo tale orientamento, che inquadrava l’ordinanza in questione quale provvedimento di natura cautelare e strumentale rispetto alla sentenza di merito che definisce il giudizio, detta ordinanza non sarebbe stata idonea a dispiegare i propri effetti al di fuori del processo e, pertanto, essa sarebbe rimasta travolta e caducata dalla declaratoria di improcedibilità o, comunque, di estinzione del processo.
Ne conseguiva che il locatore avrebbe perso il diritto di procedere ad esecuzione forzata mentre il conduttore avrebbe avuto diritto alla reviviscenza del rapporto locatizio.
La giurisprudenza più recente e consolidata.
Tale orientamento è stato, in ogni caso, superato dalla più recente e consolidata giurisprudenza che ha affermato il principio secondo cui l’ordinanza di rilascio ex art. 665 del codice di procedura civile, pur se non ha natura di giudicato sostanziale in ordine alla cessazione del rapporto di locazione, comunque non ha natura cautelare né strumentale rispetto alla decisione definitiva di merito.
Per tale ragione, essa non può essere caducata dal provvedimento di estinzione del giudizio.
Difatti, l’ordinanza di rilascio non impugnabile con riserva delle eccezioni del convenuto va inquadrata quale provvedimento sostanziale provvisorio che, accertata la sussistenza dei fatti costitutivi dedotti dal locatore intimante, produce immediatamente effetti nella realtà giuridica sostanziale, riservando le eccezioni proposte dal conduttore al conseguente processo di merito.
Ne discende che estintosi il processo di cognizione ordinaria, continua l’efficacia dell’ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni opposte dal conduttore, il cui esame è stato riservato in quel conseguente processo ordinario.
Pertanto, in caso di estinzione del giudizio per mancata riassunzione davanti al Tribunale competente, l’ordinanza di rilascio conserva la propria efficacia di titolo esecutivo e può essere rimossa soltanto nel caso in cui il convenuto inizi un nuovo giudizio per dimostrare l’infondatezza della pretesa del locatore e far perdere in tal modo il valore di titolo esecutivo al detto provvedimento.
Nel caso specifico e alla luce di quanto innanzi evidenziato, lo Studio, a seguito dell’interruzione del processo per il fallimento della società conduttrice, non ha riassunto il giudizio che, pertanto, è stato dichiarato estinto.
La società proprietaria dell’immobile, tuttavia, stante la permanenza dell’efficacia dell’ordinanza di rilascio ex art. 665 del codice di procedura civile, ha mantenuto la disponibilità del proprio bene riacquisita con l’esecuzione forzata effettuata dall’Ufficiale Giudiziario in forza della medesima ordinanza.

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