Nel contrasto giurisprudenziale sullo schema contrattuale delle fideiussioni, viene chiesto alle Sezioni Unite di pronunciarsi .

La vexata quaestio dello schema contrattuale della fideiussione

La Banca d’Italia, con provvedimento del 2 maggio 2005 n. 55 ha vagliato il contrasto dello schema contrattuale di fideiussione predisposto dall’ABI con l’art. 2 della legge n. 287/1990 (Legge Antitrust), qui citato:

  1. sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni d’imprese e altri organismi similari.
  2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, (…).
  3. Le intese vietate sono nulle a ogni effetto.

A seguito dell’istruttoria della Banca d’Italia è emerso un contrasto tra questa norma e l’art. 1957 Codice Civile.

Lo schema ABI non sarebbe conforme in particolare agli articoli 2 e 8  (cosiddette clausole di sopravvivenza della fideiussione) e all’art. 6 (clausola derogatoria).

Nonostante il contrasto con la normativa antitrust, le banche hanno continuato ad utilizzare questo schema contrattuale.

Si è posto, quindi, il problema di capire se l’illecito anticoncorrenziale, determinato dalla previsione nelle fideiussioni degli art. 2, 6 e 8 dello schema ABI, comportasse la nullità dell’intero contratto o solo delle singole clausole.

Inizialmente, la Corte di Cassazione, investita del quesito, ha stabilito che:

 le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie redatte su modulo uniforme ABI sono totalmente nulle in quanto violano il divieto di intese anticoncorrenziali previsto dall’art. 2, comma 2, lettera a della L. n. 287/1990 (Cass. civ., Sez. I., 22.5.2019, 13846).

Successivamente, la stessa Corte si è orientata nel senso di ritenere queste fideiussioni nulle solo parzialmente per effetto dell’art. 1419 c.c., limitatamente, quindi, alle singole clausole rivenienti dalle intese illecite (Cassazione Civile, sez. I, n. 24044 del 26/9/2019).

Ancora la Corte (Prima Sezione), con l’ordinanza interlocutoria n. 11486 del 30/4/2021, ha messo in discussione questo orientamento domandandosi se sia corretta e ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione o se questa sia totalmente nulla.

La domanda è basata sulla considerazione se si possa considerare che le parti intendevano prestare ugualmente il proprio consenso alla garanzia anche senza le clausole invalide.

L’organo Collegiale della Corte ha ritenuto che l’insieme di questi interrogativi impone di ripensare i principi enunciati dalla Corte di Cassazione stessa fino a qui.

In particolare occorre stabilire:

  1.  se la coincidenza totale o parziale con le condizioni di cui si parla giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno;
  2. nel primo caso, quale sia il regime applicabile all’azione di nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere;
  3. se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione;
  4. se l’indagine a tal fine richiesta debba avere ad oggetto, oltre alla predetta coincidenza, la potenziale volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, ovvero l’esclusione di un mutamento dell’assetto d’interessi derivante dal contratto.

Spetterà, dunque, alle Sezioni Unite chiarire questa annosa e dibattuta questione della nullità delle fideiussioni conformi al modello ABI.